venerdì 4 maggio 2007
Il problema della Ragion Pura
Per conoscere la struttura della "Critica della Ragion Pura" (la prima di tre...) controllate un qualsiasi manuale, meglio ancora il testo dell'opera.
Quale problema si propone di risolvere, ed in che modo?
Nell'introduzione dell'opera K. scrive: "non c'è dubbio che ogni nostra conoscenza incomincia con l'esperienza ... ma da ciò non segue che derivi interamente dall'esperienza"
Le impressioni sensoriali costituiscono la "materia" della nostra conoscenza empirica, che necessita, secondo K., di una "forma" che "la nostra facoltà conoscitiva vi aggiunge da sé sola". Questa è la grande intuizione del nostro, e tutta la prima "Critica" ne costituisce lo sforzo dimostrativo.
-Egli non accetta di fondare la validità del nostro sapere su Dio, entità somma in cui possiamo credere ma di cui ci è preclusa l'esperienza, e per questo condanna i razionalisti.
-Rifiuta tuttavia le conclusioni cui giungono gli empiristi, i quali negano la possibilità di conoscenze assolutamente certe per l'uomo. Ciò è contraddetto dai grandi successi delle scienze, della fisica in particolare e di quella newtoniana in ispecie.
-K. si sofferma sul fatto che ogni evidenza di verità si esprime attraverso un particolare tipo di giudizio
-Non resta che individuare i caratteri, la peculiarità, dei giudizi che caratterizzano le evidenze sostenute in ambito scientifico.
Eccolo pertanto distinguere tra giudizi analitici e sintetici (ne abbiamo parlato). Nei primi "la connessione tra del predicato col soggetto viene pensata per identità". Nei secondi invece la connessione viene pensata senza identità. "I primi si potrebbero anche dire giudizi esplicativi, gli altri ampliativi". I primi sono universali e necessari, ma non accrescono il nostro sapere (tutti i corpi sono estesi). I secondi allargano le mie conoscenze ma non sono universali (tutti i corpo sono pesanti).
P.S.: tutti i virgolettati sono presi dal testo di Kant.
venerdì 4 maggio 2007
Il problema della Ragion Pura
Per conoscere la struttura della "Critica della Ragion Pura" (la prima di tre...) controllate un qualsiasi manuale, meglio ancora il testo dell'opera.
Quale problema si propone di risolvere, ed in che modo?
Nell'introduzione dell'opera K. scrive: "non c'è dubbio che ogni nostra conoscenza incomincia con l'esperienza ... ma da ciò non segue che derivi interamente dall'esperienza"
Le impressioni sensoriali costituiscono la "materia" della nostra conoscenza empirica, che necessita, secondo K., di una "forma" che "la nostra facoltà conoscitiva vi aggiunge da sé sola". Questa è la grande intuizione del nostro, e tutta la prima "Critica" ne costituisce lo sforzo dimostrativo.
-Egli non accetta di fondare la validità del nostro sapere su Dio, entità somma in cui possiamo credere ma di cui ci è preclusa l'esperienza, e per questo condanna i razionalisti.
-Rifiuta tuttavia le conclusioni cui giungono gli empiristi, i quali negano la possibilità di conoscenze assolutamente certe per l'uomo. Ciò è contraddetto dai grandi successi delle scienze, della fisica in particolare e di quella newtoniana in ispecie.
-K. si sofferma sul fatto che ogni evidenza di verità si esprime attraverso un particolare tipo di giudizio
-Non resta che individuare i caratteri, la peculiarità, dei giudizi che caratterizzano le evidenze sostenute in ambito scientifico.
Eccolo pertanto distinguere tra giudizi analitici e sintetici (ne abbiamo parlato). Nei primi "la connessione tra del predicato col soggetto viene pensata per identità". Nei secondi invece la connessione viene pensata senza identità. "I primi si potrebbero anche dire giudizi esplicativi, gli altri ampliativi". I primi sono universali e necessari, ma non accrescono il nostro sapere (tutti i corpi sono estesi). I secondi allargano le mie conoscenze ma non sono universali (tutti i corpo sono pesanti).
P.S.: tutti i virgolettati sono presi dal testo di Kant.
Quale problema si propone di risolvere, ed in che modo?
Nell'introduzione dell'opera K. scrive: "non c'è dubbio che ogni nostra conoscenza incomincia con l'esperienza ... ma da ciò non segue che derivi interamente dall'esperienza"
Le impressioni sensoriali costituiscono la "materia" della nostra conoscenza empirica, che necessita, secondo K., di una "forma" che "la nostra facoltà conoscitiva vi aggiunge da sé sola". Questa è la grande intuizione del nostro, e tutta la prima "Critica" ne costituisce lo sforzo dimostrativo.
-Egli non accetta di fondare la validità del nostro sapere su Dio, entità somma in cui possiamo credere ma di cui ci è preclusa l'esperienza, e per questo condanna i razionalisti.
-Rifiuta tuttavia le conclusioni cui giungono gli empiristi, i quali negano la possibilità di conoscenze assolutamente certe per l'uomo. Ciò è contraddetto dai grandi successi delle scienze, della fisica in particolare e di quella newtoniana in ispecie.
-K. si sofferma sul fatto che ogni evidenza di verità si esprime attraverso un particolare tipo di giudizio
-Non resta che individuare i caratteri, la peculiarità, dei giudizi che caratterizzano le evidenze sostenute in ambito scientifico.
Eccolo pertanto distinguere tra giudizi analitici e sintetici (ne abbiamo parlato). Nei primi "la connessione tra del predicato col soggetto viene pensata per identità". Nei secondi invece la connessione viene pensata senza identità. "I primi si potrebbero anche dire giudizi esplicativi, gli altri ampliativi". I primi sono universali e necessari, ma non accrescono il nostro sapere (tutti i corpi sono estesi). I secondi allargano le mie conoscenze ma non sono universali (tutti i corpo sono pesanti).
P.S.: tutti i virgolettati sono presi dal testo di Kant.
mercoledì 2 maggio 2007
la crisi delle certezze metafisiche
Dopo la lettura di Hume, che con la sua critica all'innatismo aveva definitivamente convinto Kant dell'impossibilità di conoscere alcunché se non a partire dalla conoscenza sensibile, egli procede ad una riflessione sempre più serrata sulla metafisica, sintetizzata nella domanda: "come è possibile una metafisica come scienza?". Siamo nel decennio 1760-1770, e sempre più forte è in lui la convinzione che la sola logica non possa spiegare adeguatamente la realtà.
In un singolare saggio del 1766: "I Sogni di un visionario spiegati con i sogni della metafisica", K. ironizza sui sogni della metafisica cui contrappone "il mondo reale", sostanzialmente quello della scienza moderna, di Newton, saldamente ancorato all'esperienza e fondato su leggi verificabili.
LA "DISSERTAZIONE"DEL 1770
Si tratta del testo scritto e discusso per la sua nomina a professore ordinaio. In esso K. testimonia la rottura con la tradizione razionalista di Wolff e Leibniz su un punto preciso, il rapporto SENSO-INTELLETTO. per i primi la differenza tra i due ambiti, ai fini della conoscenza, è soltanto di grado. Kant introduce una DIVERSITA' SPECIFICA, ORIGINARIA.
Mentre i sensi sono "ricettivi", subiscono le affezioni degli oggetti esterni, l'INTELLETTO è FACOLTA' ATTIVA, permette di conoscere le cose al di là del loro apparire. Grande novità presenta la nuova teoria di SPAZIO E TEMPO, non più considerate entità reali, né relazioni tra sostanze, ma "FORME"A PRIORI DELLA CONOSCENZA SENSIBILE. Il concetto e la terminologia sono nuovi, e vanno chiariti, se possibile: significa che noi non possiamo aver consapevolezza di alcuna esperienza sensibile se non collocandola nello SPAZIO E NEL TEMPO, ma che questo spazio e tempo non sono né sostanze aventi una loro autonomia dal soggetto, né semplici percezioni soggettive, ma costituiscono una precisa modalità percettiva appartenente allo stesso modo a TUTTI i soggetti. Kant le chiama "intuizioni pure a priori", PURE in quanto indipendenti dall'esperienza, ma "conditio sine qua non "di ogni esperienza, e quindi A PRIORI, INTUIZIONI. Da ciò consegue il carattere di verità scientifica di MATEMATICA E GEOMETRIA. Ciò significa che è possibile una scienza universale e necessaria del mondo fenomenico sensibile, considerato autonomamente dal mondo intelligibile.
Fino a questo punto K. ha dimostrato per cosi dire la "dimostrabilità" della conoscenza sensibile, non ancora la possibilità della conoscenza intellettuale indipendentemente da ogni condizionamento trascendente, metafisico. sarà questa la "rivoluzione copernicana" che lo porterà, dopo una laboriosissima gestazione, alla stesura nel 1781 della CRITICA DELLA RAGION PURA, testo assolutamente fondamentale del pensiero moderno.
la metafisica a questo punto perderà ogni carattere di scientificità, sarà ad ogni modo considerata, in quanto pensamento dell'essenza di un mondo trascendente, un bisogno insopprimibile dell'uomo.
In un singolare saggio del 1766: "I Sogni di un visionario spiegati con i sogni della metafisica", K. ironizza sui sogni della metafisica cui contrappone "il mondo reale", sostanzialmente quello della scienza moderna, di Newton, saldamente ancorato all'esperienza e fondato su leggi verificabili.
LA "DISSERTAZIONE"DEL 1770
Si tratta del testo scritto e discusso per la sua nomina a professore ordinaio. In esso K. testimonia la rottura con la tradizione razionalista di Wolff e Leibniz su un punto preciso, il rapporto SENSO-INTELLETTO. per i primi la differenza tra i due ambiti, ai fini della conoscenza, è soltanto di grado. Kant introduce una DIVERSITA' SPECIFICA, ORIGINARIA.
Mentre i sensi sono "ricettivi", subiscono le affezioni degli oggetti esterni, l'INTELLETTO è FACOLTA' ATTIVA, permette di conoscere le cose al di là del loro apparire. Grande novità presenta la nuova teoria di SPAZIO E TEMPO, non più considerate entità reali, né relazioni tra sostanze, ma "FORME"A PRIORI DELLA CONOSCENZA SENSIBILE. Il concetto e la terminologia sono nuovi, e vanno chiariti, se possibile: significa che noi non possiamo aver consapevolezza di alcuna esperienza sensibile se non collocandola nello SPAZIO E NEL TEMPO, ma che questo spazio e tempo non sono né sostanze aventi una loro autonomia dal soggetto, né semplici percezioni soggettive, ma costituiscono una precisa modalità percettiva appartenente allo stesso modo a TUTTI i soggetti. Kant le chiama "intuizioni pure a priori", PURE in quanto indipendenti dall'esperienza, ma "conditio sine qua non "di ogni esperienza, e quindi A PRIORI, INTUIZIONI. Da ciò consegue il carattere di verità scientifica di MATEMATICA E GEOMETRIA. Ciò significa che è possibile una scienza universale e necessaria del mondo fenomenico sensibile, considerato autonomamente dal mondo intelligibile.
Fino a questo punto K. ha dimostrato per cosi dire la "dimostrabilità" della conoscenza sensibile, non ancora la possibilità della conoscenza intellettuale indipendentemente da ogni condizionamento trascendente, metafisico. sarà questa la "rivoluzione copernicana" che lo porterà, dopo una laboriosissima gestazione, alla stesura nel 1781 della CRITICA DELLA RAGION PURA, testo assolutamente fondamentale del pensiero moderno.
la metafisica a questo punto perderà ogni carattere di scientificità, sarà ad ogni modo considerata, in quanto pensamento dell'essenza di un mondo trascendente, un bisogno insopprimibile dell'uomo.
martedì 16 gennaio 2007
verso un'ecologia della mente
Riprendo i temi della discussione fatta in classe ieri mattina. Ci si riferiva ad un problema in primo piano oggi, riguardante non solo Vicenza ma tutto il Paese: il raddoppio della base americana chiesto dagli USA, voluto da alcune parti politiche, inviso a molti cittadini, pare la maggioranza.
Quello che si cercava di impostare era un dibattito non ideologico, non "urlato", non fondato su pregiudizi o punti di vista troppo soggettivi. Ci era sembrato che la prima cosa da fare fosse mettere in fila vantaggi e svantaggi del si e del no, sulla base di una realistica analisi della situazione che tenesse conto dell'interesse della "Res Publica".
Il tentativo era quello di riprodurre da un lato il modello dialettico appreso attraverso lo studio di Platone, e la conoscenza della pratica argomentativa in uso nelle università medievali, liberata dal peso del dogmatismo (ipse dixit) che gravava sulle stesse.
Il tutto vivificato dalla riflessione politico-filosofica di Hanna Arendt, che definisce l'uomo libero veramente solo nella dimensione della "vita activa". Che significa questo? Che il senso vero della vita umana si coglie non nel lavorare per sopravvivere, e nemmeno nell'operare e creare grandi cose da lasciare in eredità ai posteri, ma solo nell'agire politico, confrontandosi attraverso l'uso della parola, dibattendo, per poter prendere infine decisioni utili a tutta la comunità, che se per i greci aveva la dimensione della polis, per noi moderni ha un respiro assai più ampio.
Mi piacerebbe che voi tutti superaste la superficiale, banale, volgare idea della politica come "cosa sporca" di cui si impicciano gli ambiziosi, riscoprendo con Platone, la Arendt e molti altri la dimensione del vivere comune come la più propria dell'uomo, essere "plurale" per eccellenza, come dice Arendt. Ciò non significa ignorare o disprezzare l'ambito del privato, ma ricondurlo al significato suo proprio, quasi l'ombra in cui ritemprarsi dopo essersi troppo accaldati al sole. Ricordando tuttavia che che solo il nostro agire "politico" ci rende veramente uomini liberi.
Per non volare troppo alto rischiando di cadere, concludiamo con Gaber che in ultima analisi"la libertà è partecipazione"...
Quello che si cercava di impostare era un dibattito non ideologico, non "urlato", non fondato su pregiudizi o punti di vista troppo soggettivi. Ci era sembrato che la prima cosa da fare fosse mettere in fila vantaggi e svantaggi del si e del no, sulla base di una realistica analisi della situazione che tenesse conto dell'interesse della "Res Publica".
Il tentativo era quello di riprodurre da un lato il modello dialettico appreso attraverso lo studio di Platone, e la conoscenza della pratica argomentativa in uso nelle università medievali, liberata dal peso del dogmatismo (ipse dixit) che gravava sulle stesse.
Il tutto vivificato dalla riflessione politico-filosofica di Hanna Arendt, che definisce l'uomo libero veramente solo nella dimensione della "vita activa". Che significa questo? Che il senso vero della vita umana si coglie non nel lavorare per sopravvivere, e nemmeno nell'operare e creare grandi cose da lasciare in eredità ai posteri, ma solo nell'agire politico, confrontandosi attraverso l'uso della parola, dibattendo, per poter prendere infine decisioni utili a tutta la comunità, che se per i greci aveva la dimensione della polis, per noi moderni ha un respiro assai più ampio.
Mi piacerebbe che voi tutti superaste la superficiale, banale, volgare idea della politica come "cosa sporca" di cui si impicciano gli ambiziosi, riscoprendo con Platone, la Arendt e molti altri la dimensione del vivere comune come la più propria dell'uomo, essere "plurale" per eccellenza, come dice Arendt. Ciò non significa ignorare o disprezzare l'ambito del privato, ma ricondurlo al significato suo proprio, quasi l'ombra in cui ritemprarsi dopo essersi troppo accaldati al sole. Ricordando tuttavia che che solo il nostro agire "politico" ci rende veramente uomini liberi.
Per non volare troppo alto rischiando di cadere, concludiamo con Gaber che in ultima analisi"la libertà è partecipazione"...
domenica 7 gennaio 2007
5 Cs., Rivoluzione russa, sintesi
Il confronto con la Rivoluzione francese risulta quasi ovvio, parlando di Rivoluzione russa: in entrambi i casi si tratta di eventi i cui effetti non sono rimasti circoscritti all'interno dei paesi in cui si sono verificati, ma che sono travalicati, nello spazio e nel tempo, ben oltre i confini nel primo caso della Francia, nel secondo della Russia e su cui, a distanza di secoli, si dibatte ancora vivacemente. Se ne riassumono di seguito i momenti essenziali.
- Anche nel 1917, come nel 1905 (guerra russo-giapponese) causa scatenante sono le durissime condizioni di vita, al fronte come a casa, dovute alla guerra. La rivoluzione del Febbraio del '17 portò alla caduta dello zar e alla formazione di un governo provvisorio. La DUMA (parlamento russo) venne aperta non solo ai liberal-democratici ma anche ai menscevichi (socildemocratici) e ai socialisti rivoluzionari. Si riteneva inevitabile, secondo l'insegnamento di Marx, passare attravero una fase democratico borghese. Un secondo governo, nato nel Maggio de '17 e guidato da L'vov, vide in Kerenskij, nominato ministro della guerra l'uomo adatto a questa fase. La decisione di continuare la guerra mantenendo gli impegni presi, indebolì questa posizione diciamo così di RIVOLUZIONE DEBOLE, visto che la stragrande maggioranza dei russi non anelava che alla pace e fortemente auspicava una rivoluzione agraria, che ponesse fine all'antistorico latifondismo imperante in Russia: per dirla semplicemente la gente voleva la PACE E LA TERRA. Questo diede fiato alle forze, fino a quel momento minoritarie, dei bolscevichi guidati da LENIN. Fino a quel momento costretti all'esilio, i bolscevichi rientrarono in Russia nell'Aprile del '17. Lenin adattò velocemente, dal punto di vista sia teorico che pratico, la dottrina marxista all'arretrata situazione del suo enorme paese, con le famose TESI D'APRILE, con le quali si diceva pronto a trattare subito la resa agli imperi centrali e ad una radicale riforma agraria. Il tentativo controrivoluzionario del generale Kornilov rese necessario al terzo governo nel frattempo nato, guidato da Kerenskij, l'appoggio dei bolscevichi, che chiamati in aiuto , dopo essere stati condannati all'esilio per l'appoggio dato a soldati ed operai che si rifiutavano di partire per la guerra (luglio '17), vennero pertanto legittimati nella loro azione politica.
- Anche nel 1917, come nel 1905 (guerra russo-giapponese) causa scatenante sono le durissime condizioni di vita, al fronte come a casa, dovute alla guerra. La rivoluzione del Febbraio del '17 portò alla caduta dello zar e alla formazione di un governo provvisorio. La DUMA (parlamento russo) venne aperta non solo ai liberal-democratici ma anche ai menscevichi (socildemocratici) e ai socialisti rivoluzionari. Si riteneva inevitabile, secondo l'insegnamento di Marx, passare attravero una fase democratico borghese. Un secondo governo, nato nel Maggio de '17 e guidato da L'vov, vide in Kerenskij, nominato ministro della guerra l'uomo adatto a questa fase. La decisione di continuare la guerra mantenendo gli impegni presi, indebolì questa posizione diciamo così di RIVOLUZIONE DEBOLE, visto che la stragrande maggioranza dei russi non anelava che alla pace e fortemente auspicava una rivoluzione agraria, che ponesse fine all'antistorico latifondismo imperante in Russia: per dirla semplicemente la gente voleva la PACE E LA TERRA. Questo diede fiato alle forze, fino a quel momento minoritarie, dei bolscevichi guidati da LENIN. Fino a quel momento costretti all'esilio, i bolscevichi rientrarono in Russia nell'Aprile del '17. Lenin adattò velocemente, dal punto di vista sia teorico che pratico, la dottrina marxista all'arretrata situazione del suo enorme paese, con le famose TESI D'APRILE, con le quali si diceva pronto a trattare subito la resa agli imperi centrali e ad una radicale riforma agraria. Il tentativo controrivoluzionario del generale Kornilov rese necessario al terzo governo nel frattempo nato, guidato da Kerenskij, l'appoggio dei bolscevichi, che chiamati in aiuto , dopo essere stati condannati all'esilio per l'appoggio dato a soldati ed operai che si rifiutavano di partire per la guerra (luglio '17), vennero pertanto legittimati nella loro azione politica.
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